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In
Libia nostro malgrado L’avventura è già iniziata E’
molto pregevole che il ministro degli Esteri italiano, onorevole Gentiloni,
abbia detto a chiare lettere al Parlamento che l’Italia non si farà
trascinare in avventure, non fosse che l’avventura è già iniziata senza sue
colpe. Infatti il governo Berlusconi si lasciò trascinare eccome. E come
avrebbe potuto resistere, davanti alla guerra voluta dalle alleate Francia,
Inghilterra e Stati Uniti d’America contro un raiss come Gheddafi? Pensate
solo cosa sarebbe successo se l’Italia con Berlusconi si fosse opposta,
dicendo magari che noi siamo amici di Gheddafi, non di Obama. Purtroppo, né
Obama, né Sarkozy, ne tantomeno Cameron avevano una qualche idea sul futuro
della regione e questo senza nemmeno preoccuparsi di come poter controllare
gli sviluppi di quella guerra. Almeno Bush ebbe un piano per il dopo Iraq,
quando in Libia non ce ne fu nessuno. Per questo il disastro è stato completo
a da quel momento è iniziata anche l’avventura per il nostro paese. E’ vero
che in quell’occasione non inviammo soldati, nessuno lo fece, ma questo non è
un attenuante, al contrario. Ora in tutta la Libia non c’è un interlocutore
affidabile, non a Bengasi, non a Tripoli e nemmeno a Tobruk, checché se ne
creda. Tutte le milizie di quelle autorità divise fra loro sono abituate a
fare da sé, e non hanno intenzione di alienare la loro sovranità a nessuna
potenza occidentale. Una campagna militare in Libia oggi si troverebbe ostili
tutte le comunità tribali che si sono formate conflittualmente. Un conflitto
che se non si compone, produrrà a breve un’emigrazione sulle nostre sponde
pari a quella che vediamo dalla Siria su quelle della Turchia e della Grecia.
Dalla fine dell’epopea coloniale ci siamo ritirati in bell’ordine dal nord
Africa lasciando forme di governo locale che sono state via via respinte ed
affossate o resistono in maniera pericolante. In Libia non nasce un governo
nazionale perché nessuno ne sente davvero l’esigenza. In Siria, come in Iraq,
la nazione si è dissolta per lo stesso motivo. Il nazionalismo europeo non si
è assimilato al nazionalismo arabo e gli Stati designati sul deserto dalla
matita e dal righello del ministero britannico hanno fatto il loro tempo.
Quale modello di stabilità si può offrire ad un mondo ribelle, insofferente
ad ogni forma di governo conosciuta? Questo è il problema che l’occidente e
l’Italia devono risolvere in fretta, altrimenti verremo travolti dalle minacce
che ci si rivolgono. L’avventura è già iniziata, appunto e se non offriremo
un modello convincente e pacifico di stabilizzazione per quelle aree,
torneremo a dover impiegare la forza. Roma, 10
marzo 2016 |
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